
Ma quanti saranno i veri credenti in Italia? Intendo cattolici praticanti.
Quante persone oggi addenteranno costolette di agnello e torte pasqualine con in cuore il martirio e la rinascita di Cristo?
Non sono credente e oggi, mio malgrado, mi ritrovo la casa piena di parenti, uova di cioccolato, colombe senza sapere perché.
Un perché c'è e risiede nella forza asfittica delle tradizioni che come vizi ancestrali si sedimentano nel dna di ognuno di noi. Il ripetersi dei gesti, dei riti, delle tradizioni appunto, ci fa sentire parte di quel tutto che alla fine è nulla.
Al tempo dei miei nonni o dei miei genitori queste feste si "sentivano" di più, c'era un senso di religiosità più radicato o almeno a Pasqua e Natale si mangiavano tutte quelle leccornie che gli altri giorni dell'anno non potevi permetterti.
A che pro festeggiare oggi quando tutti i giorni ci ingozziamo senza sosta, quando lo spirito religioso si è svuotato ancora di più fino a diventare vile retaggio e spesso stanca abitudine?
Niente di che ma dell'Italia non mi piace proprio questo vuoto attaccamento a tradizioni che ti imbrigliano la mente e la impigriscono, che ti fanno cadere in quel vortice di pigrizia privo di costruttività.
Quisquilie pasquali, non ci fate caso.
Auguri